Si inaugura venerdì 20 dicembre 2013 una mostra collettiva dedicata al tema religioso.
Lo studio Rensi, trasferitosi da qualche mese dalla sede storica di via S. Marco presso la vicina via Marchetti 28 (tra i giardini S. Marco e il Liceo Musicale Bonporti) inaugura venerdì 20 dicembre, alle ore 17, una mostra collettiva d’arte dedicata al tema «I Segni del Sacro».
Saranno esposti disegni, quadri, sculture, fotografie di Marco Berlanda, Gino Castelli, Guido Polo, Pietro Verdini, Lino Lorenzin, Piermario Dorigatti, Paolo Dolzan, Paolo Tartarotti, Mauro De Carli, Mastro7, Rodolfo-Claudio-Matteo Rensi (e degli studenti del Liceo artistico Vittoria Alessandro Filippin e Ludovico Tartarotti).
All’inaugurazione saranno presenti l’assessore alla cultura del comune di Trento Andrea Robol e il Presidente del Consiglio Regionale Diego Moltrer.
L’esposizione intende essere la prima di una serie di appuntamenti tematici dedicati alla creatività dei migliori artisti che hanno trovato (e trovano) linfa espressiva nel territorio trentino.
La mostra sarà visitabile dal lunedì al sabato dalle 15.00 alle 19.00.

SEGNI DEL SACRO – Studio Rensi

Dal cippo del Lapis Niger (sito archeologico romano del VI a.C.) in cui, per noi occidentali, trova la sua prima iscrizione – finora ritrovata – il termine sakros ci reinvia a qualcosa che vale, ha validità, un’alterità, un essere altro e diverso rispetto all’ordinario, al profano.
In Trentino, con la predicazione di S. Vigilio e dei martiri Anauniensi chiese, eremi e santuari si sostituirono – pur con qualche resistenza- ai simboli del sacro pagano.
Dal Duomo di Trento all’eremo di San Romedio dalla chiesa di S. Vigilio a Pinzolo alle innumerevoli chiesette delle Pievi nelle varie valli in cui si ramifica come un mosaico il Trentino, l’arte degli artisti ha lasciato testimonianza della devozione popolare lungo tutto il medioevo e l’età moderna (basti ricordare l’azione dei Baschenis, ma anche la realtà degli ex-voto).

Dalla metà dell’Ottocento a tutto il Novecento, l’arte sacra (in certi casi colta nel quotidiano rito della giornata contadina) ha continuato ad ispirare vari artisti del nostro territorio, ovviamente spesso in base ad una committenza religiosa.
Ecco emergere capolavori come Ave Maria a trasbordo o L’angelo della vita di Giovanni Segantini, Il suono dell’Angelus, Il presepio, Poesia della montagna di Eugenio Prati, La Madonna della pace o Il miracolo della mula (fra i tanti) di Tullio Garbari, le varie opere religiose di Carlo Bonacina e Giorgio Wenter Marini nei santuari e nelle chiesette o le incisioni di Carlo Cainelli e di Remo Wolf (del quale ricordiamo anche le vetrate policrome).
Dalla metà degli anni ’50, in parte anche in seguito alla nascita dell’Ucai (l’Associazione degli Artisti Cattolici), la tematica cristiana ha interessato vari altri artisti da Marco Bertoldi a Bruno Colorio, da Eraldo Fozzer a Mariano Fracalossi, da Cirillo Grott a Guido Polo, da Luigi Senesi a Cesarina Seppi , da Ernesto Giuliano Armani a Lino Lorenzin, da Martin Demetz a Gino Novello, da Othmar Winkler a Mauro De Carli, da Carlo Sartori a Bruno Lunz.
Tra i viventi ricordiamo Marco Berlanda e Gino Castelli, Bruno Degasperi e Carlo Girardi, Annamaria Rossi Zen e Pietro Verdini, Gelsomina Bassetti e Paolo Tartarotti, Piermario Dorigatti e Paolo Dolzan, Mastro 7 (Settimo Tamanini), Marco Morelli e Livio Conta.

LE OPERE ESPOSTE

Marco Berlanda (Trento, 1932) si ispira a sentimenti elementari , pulsionali, figure e paesaggi in lui rimandano all’antigrazioso; un naïfs di spessore, tra Rousseau il Doganiere e Pietro Ghizzardi, con un pizzico di Soutine.

L’opera di Gino Castelli (Riva del Garda, 1929), immerge invece il suo sguardo solitario nell’aurea di una certa pittura della corrente Metafisica-Novecentesca legata al Realismo magico; ai paesaggi ancestrali e alle figure sognanti ha talora affiancato una natura in pericolo in cui dei lignei crocifissi medievali si mescolano alle maschere dell’alienazione, interpretando con stile originale il simbolismo ambiguo e liricamente drammatico di Ensor.

Guido Polo (Borgo Valsugana 1898 – Trento 1988) è un incisore, illustratore e pittore trentino. Ha studiato a Trento, a Vienna e a Monaco (1928-30) dove è entrato in contatto con F. L. Masereel.
Autore di incisioni, dalle aspre intonazioni espressioniste, ha lasciato anche disegni e acquerelli nei quali manifesta una visione del quotidiano più intima e vibrante.
La sua ricca opera grafica (illustrazioni per riviste e quotidiani, bozzetti, manifesti, ecc.) è conservata nei maggiori musei italiani ed esteri.
Oltre a disegni sui principi vescovi, il tema della religione – non diffuso in lui – ha toccato prevalentemente i soggetti della croce e delle processioni.
«Non è più la forma che lo interessa, ma la luce. I suoi colori non sono mai splendenti. Polo è uno dei pittori meno ‘monumentali’ in un paese, come il nostro, dove, anche grandi maestri, non sfuggono dalla sollecitazione della retorica. In Polo questo non avviene mai, il suo attento spirito critico lo mantiene […] su una linea costante di effetto mutuato dal silenzio delle forme, dalla bassa tonalità, dalla compostezza quasi ieratica dell’immagine, delle coloriture (Luigi Serravalli).

Pietro Verdini (Massa Carrara, 1936) ci dona una sintesi plastica d’atmosfera onirica dai rotatori ritmi elegantemente grafici: dai suoi soggetti trasuda una vena popolare che si riallaccia stilisticamente alla grande tradizione medievale del romanico giunta fino a noi anche grazie alla ricerca del perginese Tullio Garbari.

Nella pittura di Lino Lorenzin (Cittadella 1921 – Trento 1996), presente in mostra con una crocifissione, ritroviamo una vasta e precisa serie di scansioni cromatiche appena fermentate ma dilaganti in larghe zone policrome, spezzate talora da veloci e surreali interventi di linee-forza.

Piermario Dorigatti (Trento, 1954) è un pittore trentino che vive e dipinge a Milano: la sua pittura (con ascendenze CoBrA) , concepisce il colore come rimanenza, traccia residuale, nella direzione di un astrattismo figurativo in deformazione dai colori accesi, con un privilegio del giallo, il colore più difficile, forse, per un pittore. I cicli di santi e martiri sono fra le sue opere più significative.

Tra gli artisti più giovani che si sono – non occasionalmente – occupati nella propria ricerca di soggetti cristiani ricordiamo Paolo Dolzan (Mezzolombardo, 1974) che abbraccia così perdutamente la sua umanità da togliere il posto a Dio: un’umanità dilaniata che lancia i suoi urli da ogni ferita, come se ogni ferita fosse una lingua. […] un’umanità che non sale e ristagna nell’orrore; un’umanità divisa dal divino, ridicola e superba, che merita la sconfitta e l’annullamento (Mauro Zanchi).
Un povero cristo, dei poveri martiri, brutalmente spettrali, rappresentativi di tutti i respinti della terra il cui urlo è conseguenza di una caotica pulsione sadica più che del compimento provvidenziale di un destino di redenzione.

Paolo Tartarotti (Trento, 1958), seguace delle grande avanguardie europee novecentesche, fin dall’inizio della sua ricerca artistica è rimasto affascinato dal forte espressivismo coloristico della pittura di impegno sociale di Renato Guttuso: antico amore che gli ha lasciato sia un indomito impegno a confrontarsi con le grandi tematiche storiche della pace, della giustizia e della libertà, sia il piacere d’un cromatismo forte e vitalistico.
Il suo lavoro cromatico – prevalentemente, ma non esclusivamente, informale – si sviluppa spesso seguendo un gioco dialettico di colori contrapposti. Alcune sue opere di soggetto religioso – di costruzione figurativa – sono presenti nelle chiese del Trentino.

Per Mauro De Carli (Trento 1944-2008), allievo e collaboratore di Marino Marini e Gino Meloni, docente di materie plastiche, è necessario anche se inattuale affermare un rapporto diretto, senza intermediazioni, tra artista e popolo.
Scultore potente, della materia necessaria, ha saputo imprimere un’istanza lirica alla gravità del proprio sostrato plastico: teste, busti, corpi statici o dinamici, animali e santi, testimoniano l’atto di una dedizione assoluta al fare artistico-demiurgico.
Vari i soggetti sacri nella sua produzione: tra questi quel crocifisso che fu prima commissionato a De Carli (per la chiesa di Villazzano) e poi rifiutato dalla Commissione (producendo grande sofferenza in De Carli, già artista contro per natura).

Settimo Tamanini/Mastro 7 (Mattarello-Trento, 1943) all’attività di orafo, da molti anni affianca quella di artista-scultore: tra i lavori più significativi gli Alberi delle grandi Madri (la vite, l’olivo, il fico, il mandorlo, il melo, il castagno, il melograno) e le Icone (in rame).
Il Roveto ardente è un’opera di rara raffinatezza, una scultura orafa in cui l’elemento privilegiato dall’artista, il rame, si coniuga con l’argento e il similoro nel fogliame infuocato del monte Sinai. Foglie e steli sono avviluppati dalla vibrazione del fuoco sacro e tra gli elementi vegetali, quasi mimetizzate, fanno capolino le quattro lettere ebraiche del Tetragramma divino.

In mostra sono visibili anche due opere di studenti del Liceo artistico Alessandro Vittoria di Trento (un dipinto di Ludovico Tartarotti e una foto di Alessandro Filippi), nella volontà dello studio Rensi di aprire lo spazio espositivo a giovani talenti che iniziano ad elaborare una propria ricerca creativa e nel desiderio di rafforzare il proprio legame con un Istituto (fondato da Colorio nel 1953) nel quale si sono formati e/o hanno insegnato molti degli artisti sopra ricordati.
Ad affiancare i disegni, gli oli e le sculture, è presente una piccola selezione di scatti fotografici (in bianco e nero o a colori) sulla tematica religiosa realizzati dalle tre generazioni di studio Rensi (Rodolfo, Claudio e Matteo) nell’evidenza di una fedeltà assoluta ad un’arte che – come ricorda Roland Barthes – mantiene intatta la sua porzione di interiorità misteriosa, non rivelata, il suo punctum emotivo, anche oggi – possiamo aggiungere – nell’era dell’avvento del digitale.

Prof. Massimo Parolini, curatore della mostra.